Pep Guardiola (Bayern)

Altro che “bestia negra” del Real, il Bayern campione in carica esce dal torneo dopo aver subito una lezione memorabile. Che lascerà traccia. Aver subito 5 gol in due partite dai madrileni, senza averne segnato nemmeno uno è un dato che giustifica le critiche, espresse in tempi non sospetti, di Franz Beckenbauer al gioco imposto da Guardiola ai bavaresi.
Pep Guardiola (Bayern)Il 4-0 ottenuto dal Real a Monaco di Baviera rappresenta un doppio contrappasso. Per il Bayern, per Guardiola. Una condanna senza appello per il club bavarese e il suo tecnico. All’Allianz Arena i tedeschi hanno subìto dal Real la seconda sconfitta in una settimana. Lo scarto minimo del Bernabeu non inganni, già allora il Bayern si era mostrato inconcludente e monocorde, incapace di cambiare passo e tattica di fronte alla difesa-e-contropiede disegnata da Ancelotti. “Tenere palla per l’80% del tempo non conta nulla se poi i gol li fanno gli altri” era stato il commento di Beckenbauer, che ebbe il coraggio di criticare il tecnico catalano anche quando i biancorossi non facevano altro che vincere.
Il Real ha ridimensionato quei successi. Nessun dubbio. I bavaresi sono stati sconfitti con la stessa nettezza con la quale un anno prima avevano disintegrato il tiki-taka del Barcellona. La superiorità della squadra di Heynckes era così evidente da far scommettere, senza ombre di rischio, sull’apertura di una nuova dinastia Bayern, degna erede di quella delle tre Coppe Campioni consecutive a metà anni Settanta ottenute dai Sepp Maier e i Gerd Muller. Così non è stato. La sostituzione di Heynckes con Guardiola ha regalato al Bayern già ad aprile un’altra Bundesliga ma la capacità di schiantare le big in Europa è andata smarrita. Il gioco solido e diretto che aveva garantito il tris di successi a Heynckes un anno prima ha lasciato il posto a un’ormai prevedibile ragnatela di passaggi, che spesso ha l’effetto di anestetizzare più stimolare le accelerazioni dei Ribery, Muller e Robben. Il crollo del Bayern colpisce più del successo del Real, ottenuto con le doppiette di Sergio Ramos (su corner) e di Cristiano Ronaldo (prima su contropiede orchestrato da Bale e Benzema, poi allo scadere su calcio piazzato-tunnel dal limite: Neuer e barriera che figura!). Due reti che valgono al portoghese il gol numero 250 con la maglia del Real e il record assoluto di segnature in una edizione della Coppa Campioni: 16, due più di Messi e Altafini. Con la possibilità di incrementare il bottino nella finale di Lisbona. Tra il Real e la “decima” un derby con l’Atletico o con l’ex Jose Mourinho. Una finale che non vedrà trai protagonisti Xabi Alonso: ammonito, sarà squalificato. Unica nota stonata per la squadra di Ancelotti, che dovrà trovare la migliore soluzione per sostituire l’uomo che dà equilibrio al suo centrocampo. Ma se c’è un tecnico all’altezza del compito è proprio l’ex milanista, troppo spesso dimenticato quando si parla dei big della panchina: meno carismatico di Mourinho, meno affascinante di Guardiola, meno esuberante di Klopp eppure in grado di impartire lezioni a tutti. Profilo basso, toni pacati: Carletto Ancelotti è il fuoriclasse silenzioso delle panchine. Portare la decima Coppa Campioni al Real non lo cambierà ma cambierà, forse, il suo posto nella storia del calcio. LECHAMPIONS EUROPA

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