Yaya Toure ferma Cristiano Ronaldo

“Triplete”. Anzi: doppia tripletta. In un colpo solo il Barcellona conquista la terza Champions League della sua storia e il terzo titolo stagionale dopo Liga e Coppa del Re. Nel 1977 l’Olimpico di Roma aveva visto il Liverpool di Bob Paisley e Kevin Keegan superare 3-1 il Borussia Moenchengladbach e conquistare il primo di cinque titoli continentali. L’impressione è che ieri la storia si sia ripetuta col Barcellona di Pep Guardiola: Puyol e compagni hanno tutto per segnare la storia del calcio europeo come il grande Liverpool degli anni Settanta.

La prestazione del Barca in finale non è stata scintillante come altre volte ma davanti c’era quella che, almeno sino a ieri, era considerata la squadra più forte del mondo. Il Manchester United guidato dalla leggenda vivente Ferguson, che colleziona e fa giocare (bene) le superstar del Terzo millennio: Ronaldo, Rooney, Rio Ferdinand ma anche Tevez, Berbatov, Giggs, Anderson. Proprio la scelta di partire col brasiliano al posto di Paul Scholes ha sorpreso parecchio, perché l’inglese garantisce una migliore circolazione di palla, è più aggressivo e offre maggiori alternative in attacco (sa tirare e passare).

Yaya Toure ferma Cristiano Ronaldo

Eppure i primi nove minuti di gara sembravano dare ragione al tecnico scozzese: cinque tiri in porta per lo United, zero per i catalani. Con Cristiano Ronaldo subito in grande spolvero con un paio di accelerazioni e tre conclusioni dalla distanza. Il Barcellona sembra paralizzato dall’emozione, neanche lontano parente del “Dream team” che poche settimane prima aveva schiantato il Real Madrid al Bernabeu con un memorabile 6-2.

La storia del calcio è fatta di episodi. Se Michael Essien al 93′ della semifinale di ritorno col Chelsea non avesse ciccato il rinvio al limite dell’area la palla sarebbe finita in tribuna e mai arrivata a Messi e quindi a Iniesta e oggi dovremmo commentare l’esito di una finale tutta britannica, replica dell’anno scorso. Invece no. Essien sbuccia e Iniesta insacca. Quando l’applicazione tattica è perfetta, la differenza la fanno le capacità individuali. Samuel Eto’o, schierato all’Olimpico inizialmente sulla destra proprio come contro il Real, riceve palla sulla fascia, si beve in dribbling Vidic e batte d’esterno Van der Sar. Fuori uno e poi un altro: uno a zero Barca al primo affondo. Qui la squadra c’entra poco, questo è talento individuale al massimo livello. Ma ci sono altri meriti oltre quelli del centravanti camerunense: storicamente la grandezza del Barcellona – e di questo targato Guardiola in particolare – è garantire sempre il posto ai giocatori di classe. Da Kubala a Cruyff, da Sotil a Simonsen, da Maradona a Ronaldo, da Laudrup a Rivaldo sino a Messi.

Il gol di Eto’o cambia la partita. Ci sono ancora ottanta minuti ma il Manchester United accusa il colpo, sembra di rivedere le stesse facce impetrite dei giocatori dell’Arsenal storditi nei primi dieci minuti della semifinale di ritorno proprio dai red devils. E anche in Ferguson si rivedono la sorpresa e la delusione di Wenger. Un gol così, in quel momento, il mito scozzese non se lo aspettava proprio: «Il primo gol ci ha tagliato le gambe. Hanno segnato al primo attacco, dopo che eravamo partiti molto bene. Quel gol ci ha innervositi e da quel momento non abbiamo giocato bene. Loro hanno tenuto palla e anche se nel secondo tempo abbiamo creato qualcosa, non siamo mai stati capaci di giocare come sappiamo. Hanno certamente giocato meglio loro». L’importanza del gol di Eto’o è confermata anche da Guardiola, il sesto allenatore capace di conquistare la Coppa Campioni dopo averla vinta da giocatore: «Non mi aspettavo l’inizio del Manchester così aggressivo. Pressavano alto in quattro sui nostri quattro difensori e ci stavano creando parecchi problemi. Per fortuna è arrivato il gol di Eto’o e abbiamo iniziato a tenere e far girare la palla».

Il ritmo non è frenetico ma entrambe le squadre sono consapevoli della pericolosità degli avversari. Ronaldo da una parte e Xavi e Iniesta dall’altra sono i più vivaci. Sebbene il Barcellona controlli, la sensazione è che la gara possa essere riaperta. Nell’intervallo Ferguson conferma di essere un vincente nato: fuori l’impalpabile Anderson e dentro Tevez, con Rooney spostato da sinistra verso il centro. E’ una finale: inutile aspettare, vale la pena correre subito il rischio di prendere altri gol pur di rimettersi in partita. Henry approfitta subito degli spazi concessi per replicare a sinistra con Ferdinand quel che Eto’o aveva fatto sull’altra fascia nel primo tempo a Vidic: saltato il centrale della nazionale inglese, l’ex attaccante dell’Arsenal prova a piazzare, calciando debolmente su Van der Sar. Matchpoint fallito. Pochi istanti e Xavi su punizione colpisce il palo. Ferguson raddoppia: al 66′ esce Park e entra Berbatov.

Quattro minuti dopo Xavi dalla destra vede solo in area Leo Messi e alza il pallone. Palla tesa, cross perfetto. Anzi quasi perfetto: è leggermente arretrato. La “pulce” argentina stacca in elevazione e rimane sospesa in aria in sospensione per recuperare quei quattro-cinque centrimetri necessari ad impattare il pallone con la tempia e indirizzarlo all’angolo. Splendido. Un prodigio tecnico e atletico da un calciatore che conserva le fattezze di un bambino. E’ la fine. Anzi, è l’inizio della consacrazione per il Barcellona e per il suo giovane numero dieci che da questo momento nessuno oserà più mettere in discussione come miglior giocatore del mondo. Più di tanti gol in slalom ha potuto un colpo di testa al momento giusto. La storia del calcio è fatta di episodi.

Nei venti minuti finali si vede Victor Valdes salvare su Cristiano Ronaldo, il portoghese litigare un po’ con Puyol, Scholes dare il cambio a Giggs e sfogare la sua frustrazione sulle caviglie avversarie, mentre Van der Sar nega il 3-0 al capitano del Barca e Berbatov sfiora il 2-1. Lo United chiude la stagione perdendo l’imbattibilità in Champions League, durata 25 partite. Per il Barcellona è il momento della siesta, come ricorda il giovane saggio Guardiola, che ha voluto dedicare questo successo anche a Paolo Maldini: «Ha avuto problemi nell’addio a San Siro: non li meritava. Noi, adesso, dobbiamo riposarci per poi avere le forze necessarie a preparare la prossima stagione, dove tutti ci vorranno battere. Sarà tutto più difficile». Può essere l’inizio di un ciclo. LECHAMPIONS EUROPA

UEFA Champions League 2008-09 / Finale – Roma, Stadio Olimpico

BARCELLONA-MANCHESTER UNITED 2-0 (1-0)

Barcellona: Valdes, Puyol, Toure Yaya, Pique, Sylvinho, Xavi, Busquets, Iniesta (Pedrito 90′), Messi, Eto’o, Henry (Keita 72′). In panchina: Pinto, Caceres, Muniesa, Gudjohnsen, Bojan. Allenatore: Pep Guardiola
Manchester United: Van der Sar, O’Shea, Ferdinand, Vidic, Evra, Anderson (Tevez 46′), Carrick, Giggs (Scholes 75′), Park (Berbatov 66′), Cristiano Ronaldo, Rooney. In panchina: Kuszczak, Rafael Da Silva, Evans, Nani. Allenatore: Alex Ferguson

Arbitro: Massimo Busacca (Svizzera)

Reti: Eto’o 10′, Messi 70′
Ammoniti: Pique; Ronaldo, Scholes, Vidic

©LECHAMPIONS.it. Tutti i diritti riservati/All rights reserved.

, , ,