I Busby babes

Chi lo ha visto giocare non ha dubbi: Duncan Edwards è il miglior calciatore inglese di sempre. Quando è morto aveva appena 21 anni.  Per i campioni l’età è relativa. Così disse il suo allenatore Matt Busby, giustificando la scelta di mettere in squadra tanti ragazzini: «Se sono bravi abbastanza, vuol dire che sono maturi abbastanza». Parlava proprio di Duncan Edwards e dei suoi compagni: i Busby babes, fenomeni in grado di vincere per ben cinque anni di fila la coppa d’Inghilterra a livello giovanile. Un record incredibile: si pensi che la nidiata dei Giggs, Beckham, Neville e Scholes non ha saputo andare oltre un successo. Edwards a 21 anni aveva già alle spalle ben sei stagioni in prima squadra: esordio a 15 anni, 175 partite, 21 gol, due campionati vinti.
Può essere un ventenne così bravo e completo da meritare un giudizio così perentorio e impegnativo, come quello di migliore di sempre? Nel caso di Edwards, secondo Bobby Charlton, la risposta è sì. «E’ certamente il calciatore più bravo che abbia mai visto giocare, ie naturalmente il più forte con cui abbia mai giocato. Meglio anche di George Best e Denis Law. Duncan era l’unico capace di intimidirmi con la sola presenza. Era un ragazzo d’oro e un calciatore unico: aveva un fisico possente, era il doppio di chiunque avesse affianco; ma pure una grande tecnica e una visione di gioco unica, capace com’era di alternare fraseggio corto a lanci di 70-80 metri precisi come un laser». Le parole di Charlton, ancora detentore del record di presenze (759) e gol (247) coi red devis, uno dei sopravvissuti alla strage di Monaco, non sono d’occasione. Nella sua autobiografia un’intero capitolo è dedicato alla celebrazione del talento di Edwards, mentre il dolore e il rimpianto per la perdita di “amici e compagni” ricorrono costantemente.
Altri quindici passeggeri e sette compagni morirono assieme ad Edwards: Geoff Bent, Roger Byrne, Eddie Colman, Mark Jones, David Pegg, Tommy Taylor, Liam Whelan. Rientravano a Manchester dopo aver sconfitto in Coppa Campioni la Stella Rossa a Belgrado. La sosta carburante dell'”Ambassador G-ALZU Lord Burghley” nell’aeroporto di Monaco di Baviera, era avvenuta nel mezzo di una forte nevicata. Per ben tre volte, dopo aver spalato la neve dalla pista e dalle ali, i piloti avevano ripetuto il decollo: il terzo tentativo risulta fatale, con l’aereo che perde velocità e ripiomba a terra. Il ricordo di quegli istanti nell’autobiografia di Charlton è nitido: «Senti il rumore del motore scomparire, il silenzio. La velocità diminuisce, vedi le case avvicinarsi anziché allontanarsi e poi un boato, il rumore del metallo contro il metallo. Poi il vuoto. Ti ritrovi in mezzo alla neve, tra le lamiere. Come mi sono rialzato, ho visto corpi per terra ma non ho riconosciuto nessuno. Nemmeno il mio compagno Eddie Colman, uno dei miei amici più stretti. Sentivo le sirene e quando Dennis Viollet mi ha chiesto cosa era successo, non sono riuscito a dire altro che “Dennis, è orribile”. Forse avrei dovuto dire altro e proteggerlo ma non ci sono riuscito». Ancora oggi, sessant’anni dopo, quella viene ricordata come “la squadra che non morirà mai”. Al suo paragone sono stati ridimensionati i grandissimi United dei Giggs e Cantona, ma anche quelli dei Best e, adesso, dei Rooney. Il tempo sbiadisce i colori, ma non cancella i ricordi né rimpiazza le emozioni. LECHAMPIONS EUROPA

Siti consigliati:

The Busby Babes (in inglese)
http://www.thebusbybabes.com/

Munich 58 (in inglese)

Duncan Edwards, una leggenda (in inglese)

Sito ufficiale del Manchester United (in inglese)

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